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Dal Candomblè al Tarantismo

[…] “Questa transe selvaggia può manifestarsi in chiunque assista ad una sessione di umbanda. Quando la transe arriva, si cade come folgorati da una corrente “magnetica” che attraversa il corpo, lo domina; si barcolla. Anche i medium iniziati barcollano all’inizio della loro transe, ma hanno appreso a non cadere. Il principio della rottura psichica tra lo stato di veglia e lo stato si transe, è stato certamente rafforzato, presso gli antichi schiavi deportati, dall’esperienza storica della separazione tra la terra natale e la schiavitù. Il lungo viaggio sulle navi negriere era come la traversata di un fiume dell’oblio.
In terra d’esilio, la transe permette di abolire per qualche istante il reale e di ritornare, di trasportarsi nella terra natale. E’ come un ritorno in Africa, sognato e fantasticato, i posseduti rituali, danno al dio dell’Africa, la possibilità di discendere in terra d’esilio. Danno, allo stesso tempo, alla collettività degli schivi partecipanti alla cerimonia, la possibilità di fare questo viaggio immaginario. […]

[…] “In realtà la taranta non è velenosa e quello di cui le tarantolate credono di essere vittime è un ragno mitico, che si presume morda durante l’estate, al tempo della mietitura. L’effetto del suo morso ritorna, si dice, ogni anno “vita natural durante”; quando la tarantolata muore, può trasmettere la sua funesta eredità a sua sorella o a sua figlia.
In quanto entità mitiche le tarantole sono descritte come dei ragni di diversa taglia e colore; esse gradiscono determinati colori e danzano su certi ritmi. Presentano inoltre alcuni caratteri psicologici: la taranta libertina comunica alla tarantolata un comportamento erotico; la taranta malinconica esige dei canti funebri, ecc. Esse hanno dei nomi femminili e si comportano come delle entità demoniache che possiedono le tarantate; attaccano preferibilmente le giovani ragazze nella pubertà, le donne infelici, quelle che hanno sposato l’uomo sbagliato, le vedove…
Il ballo della taranta presenta alcuni tratti ben conosciuti della transe: l’aspetto ipnotico e sonnambolico; le convulsioni dopo il morso e durante il rituale, ma anche durante il pellegrinaggio a Galatina; lo “sguardo vitreo” (De Raho 1908); l’insensibilità al dolore; alcune modifiche del funzionamento dell’organismo (minore sudorazione, per esempio); il tremore dell’arto “morsicato” quando l’orchestra inizia a suonare.
Questa transe era terapeutica: la riproduzione, durante il rituale, della transe iniziale selvaggia e non voluta, contribuiva all’efficacia catartica della cerimonia domiciliare.
La musica imponeva, allora, il suo ordine nel disordine della malattia. Questo disordine si manifestava e si manifesta ancora in maniera spettacolare durante il pellegrinaggio a Galatina: l’orchestra della pizzica non entra nella cappella di san Paolo. La conseguenza è un’estrema consfusione, grida e convulsioni. Questa è la transe selvaggia, la manifestazione disordinata, non ritualizzata, del dolore. Al contrario, la transe della terapia domiciliare è, o era, una transe “abitata”. […]


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Questi brani sono tratti dal libro di
GEORGES LAPASSADE, DAL CANDOMBLE’ AL TARANTISMO - ED. SENSIBILI ALLE FOGLIE, 2001

Leggi l'addio a Georges Lapassade

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