Tarantula Rubra - home

 

Tarantula Rubra chi è?

Musica e interviste

Transe

Tarantismo e NeoTarantismo

Segui Tarantula Rubra

Rassegna Stampa

Galleria Fotografica

Varie

In Rete

Intervista raccolta da Anna Nacci
nel mese di febbraio
2002
ad una donna per l'occasione chiamata Silvia
e che vive la TRANSE

Silvia, 38 anni di origini romane, laureata, nubile, senza figli.
Provenienza familiare: medio borghese, genitori entrambi laureati, un fratello anch'egli laureato. Figura altamente creativa con predilezioni verso studi artistici.
Silvia studia danza dall'età di sei anni (classica in accademia, moderna); all'età di sedici anni riceve un'offerta di entrare in una compagnia di danza.
Si interessa di musica popolare dal 98, conosciuta a Roma per aver assistito casualmente ad un concerto dei Cantori di Carpino.

Silvia ritiene quel primo incontro un momento schoccante:

"Non era la mia musica, ero abituata alla musica "colta", quindi non capivo molto; ho vissuto una esperienza angosciante, fisicamente drammatica. Li ammiravo per la loro energia, per la loro resistenza nel suonare e cantare per tanto tempo. Dopo la seconda ora di ascolto ho cominciato a provare nausea…molta irrequietezza, giramenti di testa, calore e impossibilità di stare ferma, espressasi con una salita di sangue alla testa. Non riuscivo a muovermi, ero paralizzata; il mio desiderio era quello di fuggire ed ero impossibilitata a farlo, in quanto ero bloccata. Ho pregato la persona che era con me di portarmi fuori, ma lui non aveva voglia di lasciare il concerto.

Secondo me era una forte intossicazione a tutti gli effetti, un avvelenamento… sono stata male per una settimana: ho continuato ad avere nausea, giramenti di testa (fisicamente non soffrivo di alcuna patologia) e poi vivevo un senso di soffocamento alla gola, una inquietudine, un disagio totale che è andato molto lentamente scemando nel corso della settimana. Non ho voluto vedere la persona che mi ha invitato a quel concerto per parecchio tempo, ritenendolo in parte responsabile di quello che mi era successo. Ero perfettamente cosciente che tutto quello che mi stava avvenendo era causato da quella musica.

Non riuscivo a muovermi, ad alzarmi; inoltre avevo una forte paura. Lo stesso gruppo è tornato a Roma a suonare dopo un mese. Mi successe di avere voglia di tornarci e invitai una mia amica svizzera ad accompagnarmi per poterglieli far conoscere; le ribadii che saremmo rimaste solo una mezz'ora perché oltre mi avrebbero causato malessere.

Non so cosa mi abbia spinto a tornarci. Dopo mezz'ora cominciai a sentirmi frizzante. Dopo una oretta la mia amica decise di andarsene perché stanca, mentre io decisi di rimanere, nell'attesa di sentirmi di nuovo male.

Ad un certo punto avevo i piedi che mi pizzicavano, mi sentivo carica, ho pregato una persona di spiegarmi come si ballasse quel ballo e mi sono buttata ; mi hanno dovuto fermare verso le cinque del mattino. Pensa che uno dei tre cantori mi ha dedicato una ballata personale in quanto ero rimasta quasi l'unica a ballare. Pensavo che il giorno dopo sarei stata male con i piedi, invece me li sentivo leggeri, le gambe senza più problemi circolatori e ho pensato che qualcosa era successo.

Emozioni? Ero felice, una felicità strabordante, mi sentivo un fiume in piena, un fiume che esce, un'altra persona, una persona nuova, piena di energia, coraggio. Da quel momento ho cominciato a studiare chi fossero i signori, che musica eseguivano.

Oggi posso dire, alla luce della mia esperienza, che la prima volta che ho assistito al loro concerto ho ridestato un mare di cose giacenti da chissà quanto, sopite, represse. Lo sconvolgimento, il sollecitare queste cose mi ha provocato il malessere di cui sopra. Al secondo concerto, quello che era stato sollecitato ha avuto la possibilità di uscire e mi sono sentita come liberata.

Il malessere? È difficile: ristagni energetici legati a sofferenze recenti o antiche? A volte tanto antiche da non poterne avere memoria o che affondano chissà dove…

Per molti anni mi sono consciamente o inconsciamente vietata di esprimere delle cose… di esprimermi in generale… per venire incontro alle richieste di altre persone, autocensurandomi. Quindi precludevo emozioni, la possibilità di dire chi sei, di far scorrere il tuo modo di suonare la vita; a volte anche nei miei riguardi perché avevo delle difficoltà ad accettarmi. In generale la possibilità di amare e di lasciarsi amare".

Dopo questa esperienza Silvia si è buttata nel centro-sud alla ricerca della musica popolare, per sentire, ballare, ma alla ricerca di bravissimi suonatori di tamburello in quanto ritiene che, se suonato bene, possono viversi momenti particolari.

Inoltre ritiene che la musica sia un fondamentale mezzo di comunicazione, il primario, "mandato da Dio". Parlare di transe è per lei faticoso in quanto la ritiene una esperienza molto personale, delicata e particolare.

È sovente richiesta la sua esperienza per ballare pizziche, tammurriate e tarantelle. Non vorrebbe mai mostrare in pubblico la sua caduta in transe a meno che non ci sia un validissimo motivo e con persone di cui sa di potersi fidare.

"Varie volte sono uscita da me, ma accorgendomene mentre mi accadeva, ho tentato di rientrare subito in me.

Perché era evidente che non sarebbe stato facile riprendere il controllo e non avrei potuto spiegare in pubblico quello che mi stava succedendo. Quindi le numerose volte che mi è capitato mi sono allontanata velocemente dai suonatori.

Sentivo come un pericolo, a volte molto piacevole a cui mi sarei abbandonata, però era un pericolo per me a livello di immagine sociale perché la gente non è abituata, sei sicuramente altro da te stessa, è difficile spiegare, soprattutto alle persone che non sanno… e anche quelle che sanno potrebbero avere dei dubbi… per gli altri è sicuramente una cosa inquietante. Quindi non mi è sembrato mai opportuno lasciarmi andare in una cosa trascinante, attraente, a cui è molto faticoso resistere.

A volte mi capita anche durante gli spettacoli, quando qualcuno suona molto bene; quando mi accade, non potendo scappare, non potendo allontanarmi dai musicisti, adotto una tecnica particolare: vado in controtempo, sbaglio i passi".

Meccanismi di difesa per non cadere in transe…

"La prima esperienza è stata di tipo volontario, in una casa, dietro richiesta di un regista indiano recatosi in Italia per studiare le danze sacre.

Tornavo da Mater Domini dopo aver ballato fino alle 8 di mattina con dei suonatori di tammurriata, quando un ballerino mi chiese di dare una dimostrazione di danze tradizionali per un documentario da girare col regista indiano.

Abbiamo quindi dato dimostrazioni delle danze richieste. Il mio amico aveva detto al regista dell'esistenza della pizzica tarantata il quale aveva riscontrato delle analogie con altre tipologie di danze studiate nel mondo.

Chiedendomi di danzare con una dimostrazione di caduta in transe mi sono fidata in quanto eravamo in una casa ed eravamo pochissimi: tre suonatori che mi conoscevano benissimo e molto rispettosi nei miei confronti (due tamburelli ed una chitarra), il regista (una persona colta ed interessata e non mi stava riprendendo) e il mio amico. Era una calma giornata d'estate, ero serena, felice, stavo passando un buon periodo, abbastanza equilibrato, con un buono stato psichico amoroso… sentivo di poterlo fare.

Appena è cominciata la musica mi sono fatta risucchiare senza alcuna resistenza. È stata una esperienza molto forte tanto per me quanto per chi mi guardava ( e non ho avuto più lo stesso rapporto con le persone che hanno assistito al fatto, nonostante mi conoscessero). C'è stato un rapporto che ci ha avvicinato tantissimo: è stato più che spogliarsi nudi, chi ti sta vicino, se capisce, dopo ti vuole più bene.

Tu permetti alla musica di attraversarti, di entrare dentro e di fare di te quello che vuole, diventi uno strumento per qualcos'altro, sei solo un canale e tutto passa attraverso. All'inizio è molto faticoso perché ti strappi da te, cambi fisicamente materia, come se la carne non fosse più carne ed il sangue non fosse più sangue… hai la sensazione di avere tante persone dentro di te, tante voci e tutti hanno diritto e possibilità di uscire in quel momento. Ed escono! Se urli non sei te che urli, la tua voce è la tua e quella di mille altri.

Il movimento stesso, il fatto di cedere completamente a questo ritmo fa sì che tu perda completamente coscienza di dove sei , di quello che stai facendo se stai girando o se sei fermo, se è il mondo che gira ed invece tu sei un perno fisso attraverso il quale tutto quanto sta ruotando. Quando poi crolli, perché crolli per terra, quando finalmente è uscito tutto quanto, non c'è differenza tra te e il resto…, tra te e quello che ti circonda, come se tu potessi capire ogni minimo respiro delle pareti…, puoi fare tutto, come se tutto fosse possibile per te in quel momento.

Le mie emozioni durante e dopo…è difficile…è come se non fosse più te, ma sei molto più te… te al cubo! È essere altro e duemila volte te stesso, non esserci più ed esserci tantissimo. in realtà cambi, cambi completamente, ti trasformi. È molto doloroso quando lo fai, è un dolore inizialmente fisico; quando la musica ti prende ti attraversa come una spada nel cuore, nel petto, nell'addome, nel sesso… tutto il tronco viene ferito… come se fosse una ferita che viene dall'interno stimolata dalla musica.

Perché l'hai fatto? Per benessere?

Non so, quando scopri di avere questa cosa… la devi fare…non è solo per una questione di benessere perché può essere che non ti va bene. Non sempre funziona… la seconda volta che mi è successo non è avvenuto perché io lo volevo. Non me ne sono resa conto, è stato tutto troppo immediato e troppo veloce perché io potessi scappare.

Non era uno spettacolo, ma una situazione pubblica: una festa con molte persone ed io mai e poi mai avrei voluto fare una figura del genere quando gli altri non lo sanno. I musicisti suonavano, io stavo ballando e stavo fisicamente benissimo, non avevo problemi (ero un po' triste da alcuni giorni per problemi affettivi, quindi covavo un dolore), ma quel giorno stavo bene. I musicisti stavano suonando una pizzica (avevamo già ballato tammurriate e tarantelle e non avevo il minimo sospetto che mi potesse accadere una cosa così.

Poi mi è stato detto che nelle ultime danze stavo ballando senza guardare negli occhi chi avevo davanti, quindi stavo già rinchiudendomi dentro me stessa; ballavo in senso antiorario (ed ora so a cosa mi può indurre)… senza quasi nessuna premessa sono caduta a terra, come uno svenimento e non ho sentito nessun dolore, mi sono saltati via gli anelli dalle mani, sono caduta molto pesantemente ma non ho riportato nessun livido o ferita. Ho un vuoto, non ricordo più nulla ma ad un certo punto so (perché informata) che ho avuto delle convulsioni, pur senza dolore.

Convulsioni del tipo di inarcamenti indietro, contrazioni in avanti, di nuovo inarcamenti sulla schiena e le gambe. Ho ripreso scarsa coscienza perché improvvisamente hanno smesso di suonare. Questo per me è stato un dolore lancinante, un dolore fisico fortissimo, terribile. Con quel poco di coscienza che avevo perché avevo la testa mezza fuori e mezza dentro, ho pregato di suonare. Ma non riuscivo a parlare! Non avevo il controllo della voce… ho chiesto solo "musica! musica!" ma nessuno mi ha dato retta ed ho richiamato tutte le forze dentro di me per poter riprendere le forze per tornare, ma non ci riuscivo.

Continuavo ad avere inarcamenti e questo mi causava una vergogna incredibile perché mi rendevo conto che la gente si stava spaventando. Ho preso le ginocchia di chi mi stava vicino e ho pregato di avere musica, ma non mi hanno dato retta.

Non riuscendo ad alzarmi, mi sono trascinata carponi verso una finestra perché avevo bisogno di aria. Pioveva a dirotto e non me ne accorgevo. Sono rimasta sotto l'acqua finché non mi hanno portato via. Mi hanno portato in una stanza e ho continuato a star male dopo per tre giorni. È stata la mia esperienza più brutta.

Ora mi spiego perché altre volte mi sono trattenuta dal cadere in transe: perché sarei stata male se avessero smesso di suonare spaventati dal mio stato, avevo seria paura di morire. La prima volta avevo fatto una richiesta esplicita: di non smettere mai di suonare, di continuare fino a che non avrei finito, di non perdere mai il ritmo.

Non lo farei mai più se non a quelle condizioni. Credo proprio che si possa morire".

Un disegno di quello che ti è accaduto

È difficile perché stai proprio da un'altra parte. Ti sembra di essere un animale racchiusa in un cerchio che ti protegge ma che nello stesso tempo ti permette di essere in quella dimensione. Chi si avvicinava a quel cerchio nei primi momenti avevo il desiderio di distruggerlo, un desiderio di sbranare, graffiare, attaccare coloro che volevano entrare nel cerchio.

Forse l'avrei potuto fare in quanto avevo proprio la sensazione di avere delle zampe con delle unghie lunghe e potenti. Non ti riconosci più; nessuno ti vede come una belva, invece lì senti che è la tua natura, che non c'è niente di strano, ma è drammatico sentirselo dentro. Non so quanto gli altri si rendano conto che tu li possa attaccare. Io mi sentivo un vero lupo.

Poi quando finisce questo stato di aggressività, senti di cominciare a volare, di non toccare più terra, ma perdi la coscienza della realtà, anche delle persone che ti stanno intorno. Mentre prima le vedi e le vorresti sbranare (a me è successo così), poi ad un tratto ti senti alto, spostato, non tocchi più terra, non senti più il tuo corpo, non senti dolore, puoi sbattere la testa puoi battere i piedi, girare, cadere, ma non urti neanche niente girando in queste situazioni.

Non so bene spiegare come ti senti… però è come se fossi un essere migliore, con più doti, più capacità. Penso che sia un'esperienza che ti mandano dal cielo, un grande regalo. Quando è finito mi sento benissimo…potrei paragonarlo, ma non gli assomiglia per niente, alla volta migliore che hai fatto l'amore. Però non è così in quanto dopo aver fatto l'amore sei sempre te stessa, e lo sai invece che lì sai che non sei solo te stessa: hai la perfetta coscienza che qualcos'altro è successo, tu ne porti la traccia per sempre… è un dolore e una benedizione! ".

C'è un filo conduttore tra la tua transe e quella visitata da de martino?

"Forse apparentemente sono cambiate delle cose per le donne, ed in generale per gli esseri umani. I bisogni sono sempre gli stessi di sempre, le paure sono quelle di sempre, l'esigenza di esprimersi è rimasta ed in alcuni casi sono peggiorate le condizioni sociali per permettere l'espressione delle nostre cose più intime e più profonde, delle quali a volte ci vergogniamo (io per prima). Il bisogno di comunicare prima di tutto non viene soddisfatto (ora più di prima). Sicuramente prima la situazione femminile era di grande sofferenza, di grande chiusura, ma il fatto di comunicare era forse più soddisfatto di adesso".

Un altro bisogno?

"Il bisogno di amare e di essere se stessi, che sono due cose che vanno insieme".

La paura di che?

La paura è il non amore, tutto ciò che ti può venire in mente di brutto: la solitudine, la noia, l'abbandono, il rifiuto dell'altro, tutto ciò che ci fa male per me si chiamano paura perché è la pura che li origina. L'amore è tutto quello che ti fa superare queste cose. Se non riusciamo a far fluire questo sentimento siamo in preda alla paura e la paura ci incatena e ci inscatola.

Mi sento fortunata in quanto pur essendo difficile convivere con questa possibilità di entrare in transe (come se avessi una allergia) devi però saperla gestire. O la allontani o applichi un metodo 'omeopatico'. Con la musica si può curare ma si può anche far del male. Io mi sento fortunata perché le volte che ho sperimentato progressivamente questa "malattia", essa cambia con te e tu cambi con lei.

Non è un male connotabile sempre nella stessa misura. Cambiano le reazioni ed ogni volte tu ne esci cambiato, non sei più la stessa persona, guadagni delle cose e ne perdi delle altre, ed in qualche maniera senti che vai avanti, procedi lungo un percorso "di riconoscimento" di se stessi, e di quello che ti sta intorno, ma in fondo poi è la stessa cosa.

Paradossalmente perdere coscienza non per una ubriacatura o una dimenticanza della coscienza, non è un abbrutimento, ma il contrario: è perdere la coscienza sopra e non sotto le righe, fa sì che quando tu la ritrovi, la tua coscienza si è maggiorata, è divenuta più forte. Chiunque esperimenti ciò penso si renda conto dell'enorme vantaggio, sente che guarisce. E la guarigione non è la fine della transe, ma è per me ritrovare se stessi.

 

Tarantula Rubra - home

Scrivi a Tarantula Rubra: info@tarantularubra.it